#lasvoltabuona, quella di Murakami: “L’arte di correre”

Giuro, l’avevo scaricato prima di vederlo sul banco del premier. Giuro, l’avevo anche iniziato quando Matteo l’ha fatto assurgere a Bibbia del runner, nonché sintesi perfetta del nuovo esecutivo: giovane, cool, e soprattutto veloce.
Mi sono avvicinato a Murakami – come molti altri – con Norwegian Wood, che ho divorato un paio d’anni fa. E poi con Kafka sulla spiaggia, il “suo” cent’anni di solitudine. Infine ho scaricato L’arte di correre, lasciandolo sull’ipad a futura lettura, nonché per quando realmente mi fossi preso la briga di dare la famosa svolta “running” della mia vita. Ecco, quella svolta non è mai arrivata, ma alla fine il libro l’ho letto lo stesso.
È un Murakami che non ti aspetti, quello vero, che parla onestamente di se stesso attraverso un diario della sua attività motoria. Attività che è andata di pari passo con la decisione di fare lo scrittore, ribaltando di fatto l’immagine bohemien dello stesso, quegli scribacchini che scandiscono le ore spegnendo cicche di fronte alla macchina da scrivere o a uno schermo luminoso, l’altra faccia di “e così vorresti fare lo scrittore” di Bukowski. Per Murakami scrivere è vivere, come correre, darsi dei limiti soltanto per il gusto di superarli.
Una vita che torna a essere scandita dal battito del proprio cuore, vero motore della corsa, ma anche della letteratura. Un cuore che pompa sangue per le maratone, ma anche un raccordo di strade dove viaggia la bellezza della parola scritta. Un cuore che ristabilisce il suo predominio pascaliano sulla ragione.
E che sia la #(s)volta buona quella di ogni lettore, rinvigorito nel corpo e nel cuore da una corsa che diventa letteratura, e quindi vita.

Ps. Sarà banale, ma la colonna sonora rimane beatlesiana, da Norwegian Wood a Run for your life.

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